Srila Prabhupada aveva il suo modo di essere, la sua personalità, era una persona, ed era forte e anche dolce e gentile, non faceva compromessi, a volte usava parole forti contro il modo di vivere materialista e a volte per rendere un concetto molto chiaro criticava i materialisti, gli pseudo spiritualisti e gli scienziati: “Se dicono così, li prenderò a calci in faccia con uno stivale!”
Questo a volte era il suo modo di parlare, ma era il siddhanta, era la verità assoluta? Dovremmo ripetere le sue stesse parole per seguire rigorosamente Srila Prabhupada, e magari portare con noi un paio di stivali? Ma no! Che cosa dice una persona e come la dice fa parte del suo carattere, della sua natura, ma ovviamente non è qualcosa che dobbiamo prendere come una verità letterale.
Recentemente ero presente a una lezione di Srimad Bhagavatam e chi parlava ha detto con enfasi che loro sono tutti sudra, loro non sono persone serie.
Ma secondo me questo non è assolutamente un buon modo di presentare la coscienza di Krishna. E a dire il vero non è nemmeno la verità, vi posso giurare che ci sono milioni di loro, le persone a cui si riferiva l’oratore, che sono seri, intelligenti, onesti e gentili.
Come possiamo attrarre gli altri se li offendiamo? Dobbiamo essere molto rispettosi verso le persone se vogliamo che gli altri ci ascoltino, se vogliamo veramente aiutarli, e a volte potremo rimanere sorpresi e diventare un po’ più umili nel constatare che quei loro che vivono là, fuori nel mondo, possono essere persino migliori di noi.
Oppure ci piace sentirci così superiori, i migliori, e ci piace trattare gli altri con disprezzo? Ma questa non è coscienza di Krishna. La Bhagavad gita ci dice che dobbiamo essere gli amici benevoli di tutti gli esseri viventi, e le preghiere Sikshastaka ci dicono che dobbiamo essere sempre pronti a rispettare tutte le persone.
Non dobbiamo fare compromessi con la verità, perché la verità ha forza e ci sosterrà, ma dovremmo cercare di presentare bene le cose e fare attenzione che il nostro parlare sia per il loro bene. Le persone non sono stupide e riescono a percepire se siamo arroganti o se siamo onesti e gentili.
Srila Prabhupada si aspettava che i membri della ISKCON avessero dell’intelligenza pratica, del buon senso e un carattere ideale. Io sono io, io sono me stesso, non posso imitare Srila Prabhupada o chiunque altro, e non imiterò le sue parole che a volte erano forti, proprio come non posso imitare Gesù quando parlava aspramente del popolo ebreo, o quando disse a un uomo che voleva seguirlo ma che doveva prima seppellire suo padre appena defunto: “Lascia che i morti seppelliscano i morti” E ci sono anche altri episodi come questo.
In effetti potremo dire anche noi queste cose, ma prima dobbiamo avere almeno un po’ della loro compassione, la loro gentilezza, lo stesso spirito di sacrificio, la loro stessa fede in Krishna. E come Srila Prabhupada, piangere quando qualcuno ci lascia, e pregare per loro, aiutare e prenderci cura dei devoti e di tutte le persone il più possibile e in ogni modo possibile. Questo è il modo in cui ci si aspetta che noi ci comportiamo. E correggere, e anche castigare qualcuno, ma solo quando è veramente necessario e non usare con leggerezza dei termini pesanti. Perché imitare solo quello che può farci sentire così grandi, così tanto migliori degli altri? Noi siamo solo degli amorevoli servitori delle persone.
Propongo che qualcuno nella ISKCON faccia l’esperienza di imbarcarsi su una nave che parta da Calcutta, poi raggiunga Porto Said, attraversi tutto il Mediterraneo e poi tutto l’oceano Atlantico fino ad arrivare nel porto di Boston. E’ più di un mese di viaggio in alto mare e aspettatevi nebbia, tempeste, mal di mare e onde alte fino a cinquanta metri.
Un punto importante è che Prabhupada a volte usava dire alcune parole pesanti, ma disse anche: “Io posso parlare così, ma voi non potete”
E anche i tempi sono molto cambiati, quello che era normale e accettabile anche solo 50, 70 anni fa, ora è molto difficile da digerire per molte persone. Viviamo nel mondo della correttezza politica, con le sue virtù e i suoi difetti. Dobbiamo considerare questo e abbiamo il dovere e la responsabilità morale di dire la verità, ma in un modo che possa aiutare le persone, non scoraggiarle o renderle negative.
Anch’io in un momento particolare posso scuotere la testa e dire come la penso degli indiani, dei cinesi, dei tedeschi o degli americani, ma devo dirlo in pubblico? Il problema è che verrò registrato, e qualcuno con grande entusiasmo mi farà apparire su tutti i social media e userà le mie parole e il mio volto a suo piacimento, per rivelare al mondo la verità su di me. Sarò alla sua mercé, perché secondo lui tutto quello che ho detto in quel momento particolare era il messaggio più importante che volevo consegnare al mondo, veniva dalla parte più vera di me, ed era la verità assoluta.
Gopinath Prema das