Questo estratto è stato dapprima pubblicato in “The Emergence of Women’s Voices in ISKCON” [“L’urgenza delle voci delle donne nell’ISKCON”], un documento sulle voci delle donne pioniere dell’ISKCON di prima generazione. Trentatré autori parlano delle loro relazioni con Srila Prabhupada, di ciò che le donne portano alla coscienza di Krishna e dell’importanza delle voci delle donne nell’ISKCON.
La mia “Lettera al nostro futuro” è descritta in questo libro. Scorri fino alla fine di questo articolo per saperne di più su questo impegno.
Ecco il link all’evento su Facebook dal 22 al 23 agosto: https://www.facebook.com/events/586078468722087/
I miei più profondi rispetti a tutte voi. Tutte le glorie a Srila Prabhupada.
Diversi anni fa ho partecipato a una conferenza a Ginevra organizzata dalla Global Peace Initiative of Women. Una donna che in India è giudice dell’alta corte ha proposto una bella metafora: tradizionalmente in India la maggior parte delle persone di una stessa famiglia vivevano in una casa comune. Di solito c’era uno spazio interno al centro della casa e una veranda che guardava verso l’esterno. Gli uomini generalmente rimanevano nella veranda a parlare di finanze, di politica, di scienza e di problemi e di avvenimenti del mondo esterno, mentre le donne erano nel cortile a cucinare insieme, a parlare insieme, a parlare di problemi domestici e della salute dei famigliari e di come curarli con dei rimedi naturali.
Ora, c’è chi sta cercando di capire le cose guardando all’esterno e cerca delle soluzioni all’esterno; altri stanno cercando di dare consigli e guarire la propria comunità dall’interno… Naturalmente, oggi ci sono molte donne in posizioni di responsabilità; nel governo, nella finanza, nel campo scientifico e anche in molti altri settori. Anche nell’ISKCON, oggi negli Stati Uniti ci sono sei presidenti di tempio donne. Anche in altre Nazioni, ci sono delle donne che hanno responsabilità secondo le loro diverse capacità, con diversi servizi. Spesso succede che donne e uomini che sono spiritualmente avanzati hanno la capacità di guidare gli altri in modo solidale e empatico, piuttosto che avere un’attitudine di controllo o prepotenza. A me, sembra che questo tipo di guida introspettiva, che può rendere il percorso più agevole, sia un vero leader-servitore, che cerca di ascoltare veramente gli altri e apprezza profondamente il contributo unico e diverso che ognuno dà alla comunità.
Questa leadership centrata su una comunità che si osserva dall’interno sembra essere la formula per sviluppare quella che Martin Luther King definiva “L’amata comunità”. Prima di tutto ha definito quella comunità ‘amata’, perchè è una comunità che offre un’ospitalità totale a tutti; è una famiglia inclusiva piuttosto che un club esclusivo, e riconosce e onora la presenza di Dio in ogni essere umano. Naturalmente, vorremmo estendere questa attitudine a tutti gli esseri viventi.
Mi è piaciuta una storia che riguarda Srila Prabhupada. All’inizio, un nuovo devoto, che all’epoca era anche molto giovane, ebbe la possibilità di servire Srila Prabhupada. Srila Prabhupada rimase per alcuni giorni in una casa vicino a New Vrindavan, e a questo giovane fu affidato il compito di sorvegliare la casa durante la notte. Cominciò a piovere e il ragazzo entrò nel garage annesso alla casa per fare il suo servizio di guardia e dopo qualche istante sentì una presenza dietro di sè. Si voltò e vide dietro di sè Srila Prabhupada. Si prosternò, e offrì i suoi omaggi. Poi si alzò e gli chiese: “C’è qualche servizio che posso fare per te, Srila Prabhupada?” Srila Prabhupada disse: “Sì. puoi andare dove io non andrò!” Il giovane rimase sconcertato. Srila Prabhupada era appena arrivato da Chicago, ed era stato a Dallas, Caracas, San Francisco, e prima ancora a Tokyo; e tra breve sarebbe andato a New York, poi a Londra, Parigi e in Germania… allora il ragazzo gli chiese: “Ma dov’è non andrai, Srila Prabhupada? Stai andando dappertutto!” Srila Prabhupada gli rispose:
Vai verso il futuro! E dal modo in cui tu tratterai le persone, loro sapranno quanto Krishna le ama.
In altre parole, Krishna si prende cura di noi e di tutti gli esseri viventi. Viaggia pazientemente con noi come Anima Suprema nel nostro vagabondare, mentre cerchiamo di soddisfare i nostri desideri in così tante specie di vita. Quando proviamo angoscia, Krishna prova compassione per la nostra sofferenza. “Tat te ‘nukampam …”, “anukampam” significa “tremare con” (SB 10.14.8). E ci dà quella comprensione grazie alla quale possiamo arrivare a Lui.
Come Suoi aspiranti devoti, come possiamo rendere la nostra coscienza più simile alla Sua, nel senso di come amare e prenderci cura degli altri? Cosa fa crescere la nostra coscienza di Krishna e ci aiuta a rendere profonde le nostre esperienze e le nostre realizzazioni? Quali parti di noi vogliamo portare nel futuro? Nelle nostre comunità, ed anche oltre di esse, quali relazioni possono trasformarsi in profondi scambi di amore che costruiscono e sostengono la fede e la fiducia?
Apprendiamo che sul sentiero della Bhakti, al centro di tutta l’esistenza, c’è una storia d’amore, la danza tra Radha e Krishna. Il divino maschile – Sri Krishna, ama il divino femminile – Sri Radha, una Sua espansione. Lei è la Sua potenza di piacere. In effetti, si tratta di Dio che ama Dio. E noi siamo invitati a unirci a quella danza, a vivere e danzare in armonia con Loro per l’eternità. Vivere nella Bhakti, significa vivere in armonia con questo “Rta”, o ordine cosmico divino.
Una volta, Srila Prabhupada fece un esempio: se sei seduto sulla riva di un lago e lanci un sasso al centro del lago, da quel centro vedrai irradiarsi dei cerchi concentrici e armoniosi verso l’esterno, proprio dal punto in cui hai lanciato il sasso. Se lanci un altro sasso, e poi un altro, e un altro ancora nello stesso punto, si creeranno tanti cerchi armoniosi che partiranno da quel punto centrale. Ma se qualcuno lancia un sasso in varie parti del lago, e anche voi lanciate il vostro sasso qua e là, allora si formeranno tante onde che interferiranno tra di loro e inizieranno a scontrarsi. In altre parole, se agiamo in questo mondo per amare Krishna, e lo serviamo nel profondo del nostro cuore e lo poniamo al centro della nostra vita, tutti gli interessi e gli obiettivi che abbiamo, tutti loro possono essere armonizzati con Krishna in modo pacifico e sostenibile.
Possiamo avere delle comunità, la nostra famiglia, l’arte, la musica, le attività intellettuali, l’ambientalismo o tanti altri “ismi”, tutti offerti al punto centrale che è l’amore per Krishna. Se invece agiamo con egoismo, allora ci scontreremo all’interno di noi stessi, tra di noi e con gli altri nel mondo esterno.
Come descrive Srila Prabhupada la formula per la pace? E’ il capire che tutto è posseduto e controllato da Krishna, che tutto è pensato per il Suo piacere e che Egli è il nostro più caro amico. (BG 5.29) Nella sua spiegazione al verso 24 del 4° capitolo della Bhagavad Gita, Srila Prabhupada spiega che tutto quello che esiste è situato nel brahmajyoti, ma quando questa jyoti [luce] è coperta dall’illusione (maya) della gratificazione dei sensi, diventa materiale. Il velo materiale può essere rimosso immediatamente dalla coscienza di Krishna… la Verità Assoluta coperta da maya è chiamata materia. La materia unita alla Verità Assoluta riacquista la sua qualità spirituale. La coscienza di Krishna è il metodo di conversione della coscienza illusoria in Brahman, o Supremo. Quando la mente è completamente assorta dalla coscienza di Krishna, si dice sia in samadhi.
Come riuscire a portare questo stato di armonia nei nostri cuori, nelle nostre comunità e nel mondo? Siamo ansiosi di predicare, ma siamo anche ansiosi di apprezzare e ascoltare veramente gli altri? Siamo membri di un’istituzione ideata per dare compassione agli altri, ma stiamo agendo con compassione nei nostri rapporti personali? O rimaniamo sulla piattaforma dei neofiti che giudicano e criticano gli altri? Offendiamo gli altri e ci sentiamo offesi per cose da poco, esprimiamo giudizi, prendiamo le cose in modo personale e agiamo con falso ego? Stiamo cercando di coltivare i semi della Bhakti o stiamo invece rimanendo impigliati nelle erbacce?
Stavo ascoltando di recente una conferenza tenuta da Srila Prabhupada in cui paragonava la pratica della sadhana all’avviare il motore di un’auto. Cerchiamo di far partire la nostra batteria interna con la nostra pratica quotidiana. Ma la vera Bhakti inizia quando sviluppiamo un gusto spontaneo per la pratica spirituale, in altre parole quando il motore dell’auto comincia a funzionare e inizia a funzionare con la sua stessa energia. Se vogliamo portare questi sacri insegnamenti nel futuro, dobbiamo sviluppare in noi il gusto dell’autentica coscienza di Krishna. Ci sono già così tante comunità religiose di altre tradizioni che sono a livello kanistha, il livello dei principianti… se giudichiamo o critichiamo gli altri per delle piccole differenze di comprensione, o di classe sociale o di razza o di pratica spirituale, se rimaniamo su questo livello da principianti, qual’è la nostra diversità?
Forse abbiamo una teologia straordinaria, ma se non la pratichiamo con consapevolezza, come faremo a migliorare? Come potremo comunicare alle persone quanto Krishna le ama se non viviamo e non mostriamo quell’amore tra noi e gli altri?
Di recente, abbiamo partecipato a una cerimonia funebre per un caro devoto che si è tolto la vita. È stata una tragedia per quella comunità e per i primi giorni dopo il suicidio naturalmente ci sono state molte domande senza risposta: “Perché?” “Come è potuto accadere?” Oltre a tanta tristezza e delle accuse su alcuni responsabili della comunità, che purtroppo si sono estesi anche sui social media, temevo che questo stato d’animo negativo sarebbe continuato anche durante la cerimonia. Invece, dopo quei primi penosi giorni, sembrava ci fosse stato un cambiamento. Alla cerimonia tutti hanno parlato di lui con grande apprezzamento, hanno raccontato di quanto fosse stato sempre gentile, disinteressato e amorevole e di come trattava con molto affetto tutti i membri della comunità, sia indiana che occidentale, giovani e vecchi, nuovi e anziani. Dopo la cerimonia, si sentiva un grande senso di pace, la comunità si era ritrovata.
In seguito, un mio confratello anziano mi ha detto: “Perché abbiamo dovuto aspettare fino a dopo la sua morte per apprezzarlo così tanto? Perché non gli abbiamo fatto sapere da vivo quanto lo amavamo tutti? Se glielo avessimo fatto sapere prima, forse questa tragedia avrebbe potuto essere evitata… ”
Parliamo spesso di livelli elevati di rasa, di bhava e prema. Ma questo tipo di amore è impossibile da realizzare senza prima imparare ad agire con apprezzamento e gratitudine in questo mondo. Il nostro Acarya fondatore, Srila Prabhupada, aveva sempre così tanta gratitudine. Perfino Krishna è grato per ogni piccolo servizio che facciamo. In conclusione, care Vaisnavi, io propongo che la gratitudine e l’apprezzamento siano le due porte dell’edificio della Bhakti … e non c’è un’altra porta sul retro.
Riusciremo ad essere noi il cambiamento che creerà il futuro e mostrerà alle persone quanto Krishna le ama?
Hare Krishna,
Vostra sorella nel servizio di devozione,
Rukmini devi dasi
(dal sito ISKCON News)
Bellissima riflessione .Grazie
Haribol