I lettori abituali del mio blog sapranno che, oltre ad adorare Dio attraverso la recita dei Suoi santi nomi, i devoti adorano anche la forma del Signore manifestata in elementi come metallo, legno, pietra, fuoco o un’immagine dipinta. Tutte le tradizioni religiose hanno queste immagini sacre – di un tipo o dell’altro – secondo i dettami della loro particolare teologia.
Molti anni fa, quando ero un cristiano che si interrogava sulla vita, ero molto attratto dalla storia dell’Antico Testamento di Mosè e del roveto ardente. Mosè sarebbe diventato la futura guida degli ebrei che erano schiavi, e doveva essere utilizzato da Dio come strumento per liberare il suo popolo dalla schiavitù. Mosè era piuttosto riluttante ad affrontare la potenza dell’Egitto e quindi il Signore dovette mostrare a Mosè un segno speciale per fargli sapere che era stato prescelto per quel compito.
Un giorno Mosè stava pascolando le sue capre quando vide una strana luce. Avvicinandosi per vedere cosa fosse, vide un cespuglio in fiamme che non si consumava. Una voce gli disse di togliersi le scarpe perché si trovava su una terra santa. Si avvicinò alle fiamme e ricevette delle istruzioni da Dio.
Quando ho sentito quella storia, forse avevo sei o sette anni, mi sono convinto di alcune cose:
Che Dio può fare qualsiasi cosa, e può apparire dove vuole, e a chi vuole.
Che se Dio vuole apparire in un fuoco e parlarci da un fuoco, può farlo.
Che essere alla presenza di Dio significa che sei su una terra santa e questo significa che devi toglierti le scarpe.
Gli insegnanti della scuola della mia chiesa metodista locale non mi spiegarono se Dio al giorno d’oggi appare ancora nel fuoco, o perché non ci toglievamo le scarpe quando entravamo nella cappella. Quindi pensavo che Dio parlasse anche ad altre persone che conoscevano queste cose e che un giorno avrei potuto incontrarle.
Dovevo avere circa nove anni quando ho letto la storia di un povero giocoliere da strada che era caduto in miseria. Diventò un monaco e un giorno nella cattedrale di Notre Dame notò che la Vergine Maria sembrava triste. Quindi volle offrirle qualcosa, così aspettò che non ci fosse nessuno in giro e davanti a lei iniziò a fare il giocoliere. Si destreggiava con i birilli e andò avanti fino che raggiunse il punto di esaurimento fisico. Proprio in quel momento entrò l’abate e stava per rimproverarlo per una simile offesa, ma in quel momento entrambi si accorsero che il volto della Vergine sorrideva. L’offerta era stata accettata.
In quel momento io ero un ragazzino metodista che abitava in Cornovaglia e non conoscevo nessun cattolico. Tutto quello che sapevo era che i cattolici erano “per lo più stranieri” e che la religione era seguita da “molti italiani”. Così, per noi era davvero qualcosa che non diceva molto. Ma mi era davvero piaciuta quella storia. Come la storia del roveto ardente, che mi ha colpito profondamente e l’ho ricordata per tutti questi anni.
Quindi, quando ho incontrato per la prima volta i devoti di Krishna e ho appreso che “si inchinavano davanti a degli idoli”, inizialmente ho opposto resistenza. Non vedevo la necessità di adorare un’immagine oltre alla pratica molto attraente di cantare il maha-mantra. Pensavo alle immagini come a qualcosa di culturale, di “indiano” e quindi superfluo per l’essenza della vita spirituale. Poi un giorno mi sono messo a riflettere riguardo a tutti questi dilemmi, e mi sono ricordato di quelle due storie che avevo sentito da bambino. Mentre elaboravo quelle storie, in qualche modo percepivo che il Dio a cui avevo pregato tanto tempo fa mi stava silenziosamente aiutando a capire una verità più elevata. Il Dio a cui, in ginocchio prima di andare a riposare, chiedevo: “Ti prego benedici mamma e papà” – il Dio della Bibbia a cui non piacevano le “immagini scolpite” – mi stava gentilmente spingendo ad accettare che, in realtà, stava andando tutto bene.
Quello fu il giorno in cui il Dio di Mosè, il Padre di Gesù, e il Bellissimo Oratore della Gita divennero Uno per me. E il fatto che quest’unica Persona Suprema potesse apparire in una statua di pietra, legno, metallo, un roveto ardente o un cuore tranquillo, o addirittura, ovunque, sembrava dare più senso a qualsiasi cosa avessi mai imparato.
Kripamoya das