Ci sono molte cose a cui aspiriamo e che perfino adoriamo, ma che di per sé non hanno nessun valore intrinseco. Hanno valore nella misura in cui sono collegate a dei valori, e possono servire a dei fini perversi oppure elevati. Quindi, anche se non possiedono nessun valore, sono utili. Quelle cose a cui attribuiamo un valore, in effetti sono degli strumenti a cui aggiungere un valore. Per esempio, un coltello non è né buono né cattivo, ma può essere usato bene o male. Ha un utilizzo, ma non possiede nessun valore.
Cos’è che adoriamo e che è essenzialmente senza valore, ma è solo uno strumento? L’intelligenza si trova in questa categoria, così come i suoi effetti. La conoscenza, anche la ricchezza, la fama, sicuramente la bellezza, la forza fisica e psicologica. Tutte queste cose così ambite, sono state utilizzate per favorire la felicità e l’evoluzione umana, o per bloccarla. E anche se sono essenzialmente prive di valore, ci sforziamo di averle e adoriamo le persone che le hanno, quelle che chiamiamo “persone famose”. Sto esagerando quando dico che le adoriamo? Nei templi dell’India, le persone fanno la fila per poter vedere il Signore nella sua forma di Divinità, allo stesso modo le persone fanno la fila per poter vedere i loro idoli. Nelle scritture dell’India, Dio, che è chiamato Bhagavan, è definito come colui che possiede ricchezza, forza, fama, conoscenza, bellezza e rinuncia illimitate, che sono esattamente le caratteristiche di una persona di successo (forse senza la parte della rinuncia, anche se sembra che cambino spesso partner…). Quindi quello che le persone desiderano tanto sono le caratteristiche di Dio, ma esse in sé non sono né buone né cattive, sono neutrali. Possono essere usate per il bene o per il male.
Non è più logico impegnarsi non per ciò che è neutrale, un semplice strumento, ma per quei valori che possono trasformare lo strumento in qualcosa di valore? A cosa serve uno schiaccianoci quando dobbiamo rompere dei sassi? Se schiaccia le noci, lo schiaccianoci ha valore, ma non ha senso progettare uno schiaccianoci se non ci sono alberi di noci! Allo stesso modo, non ha senso cercare di acquisire informazioni, ricchezza o fama, a meno che non si abbiano dei buoni motivi per averle. Quando gli aggiungiamo dei valori come la gentilezza, l’empatia, il perdono, la tolleranza, il rispetto per ogni forma di vita e l’amore, in altre parole, quando quei valori aiutano il benessere e l’evoluzione generale, allora gli strumenti che abbiamo citato acquisiscono un valore. Gli Shastra si stanno riferendo all’influenza della virtù o sattva guna, a quei valori che portano alla felicità. Quando invece sono legati ad attitudini egoistiche, alla ricerca della felicità a spese altrui, al desiderio di potere e di prestigio, quei valori danno solo un breve senso di felicità, che si trasforma presto in solitudine ed egoismo. Gli Shastra definiscono questo passione, o rajo-guna. Quando i valori sono legati ad attitudini negative, all’autodistruzione e alla distruzione della società, quegli strumenti sono estremamente pericolosi: sono nella modalità più bassa, il tamas, il cui risultato è la sofferenza e la follia. Hitler ha abusato della sua fama, Openheimer, della sua intelligenza, il presidente Bush, della sua ricchezza. Molti psicopatici hanno abusato della loro forza fisica e/o psicologica. Le donne e gli uomini possono abusare della loro bellezza per distruggersi nel mondo della prostituzione.
Nonostante tutto abbiamo la tendenza a volere gli strumenti ma non i valori e ci sforziamo per tutta la vita di ottenerli. Questa è la follia di una società ossessionata dagli schiaccianoci senza le noci, o a un filo elettrico che non viene utilizzato per condurre l’energia elettrica. Non siamo pazzi, ma la nostra ossessione va oltre la ragione: siamo ossessionati di avere le stesse caratteristiche di Dio. Vedendo questa nostra ossessione, Dio ci dà un saggio consiglio: aggiungere quei valori che assicurano il nostro bene, e così da ogni parola rivelata da Dio potremo riflettere il messaggio di sviluppare gentilezza, empatia, perdono, ecc.
Quando abbiamo iniziato a separare la religione dall’educazione, abbiamo perso quell’aspetto essenziale che permette alla razza umana di sopravvivere. La folle corsa agli strumenti è andata avanti, ma senza alcuna indicazione su come usarli al meglio, perché nella mente degli esseri umani i manuali di sopravvivenza (le Scritture) sono stati ridotti a dei miti fantasiosi. Nei tempi vedici, solo chi aveva sviluppato quei valori che portano alla felicità e alla crescita personale, ovvero le qualità sattviche, aveva la possibilità di avere un’istruzione superiore. Ora l’educazione è un obbligo legale, ed è anche un’imposizione legale che in nome dello stato secolare non venga più insegnata la parola di Dio. Siamo arrivati alla totale follia, quella di creare un gran numero di schiaccianoci ma di bandire tutti gli alberi di noci e le informazioni sul come coltivarli.
La parola rivelata da Dio descrive certi valori o traguardi da raggiungere che sono intrinsecamente preziosi. Ma queste rivelazioni possono essere usate come degli strumenti e manipolate secondo il capriccio del credente. Quando la religione è separata dai suoi valori essenziali, diventa anch’essa uno strumento: qualcosa di negativo nelle mani di persone negative, qualcosa di positivo nelle mani di persone positive. Lo abbiamo visto nel corso della storia.
L’essenza della religione
Ci si potrebbe chiedere che se la religione non è fatta che da valori essenziali, allora come può esserne separata? Come possono le virtù diventare neutrali, o per dirla in altro modo, come può un principio attivo che incarna la virtù, diventare un principio passivo di neutralità, e quindi essere usato per scopi distruttivi?
Questo accade quando qualcosa è separato dalla sua essenza. Tornando al nostro esempio, una noce è un alimento, ma può infilarsi nella trachea, bloccare la respirazione e causare la morte. Il cibo e i valori della religione sono vivificanti, ma se sono separati dalla loro funzione, perdono valore e si riducono a strumenti, delle utilità passive per un principio attivo che può diventare antagonista. La religione ha provocato così tanto male, ma dovrebbe invece incarnare dei valori che siano positivi per tutta la creazione di Dio.
Infatti nella Bhagavad-gita, anche la religione viene descritta secondo tre categorie, quella in virtù (sattva), in passione (rajas) e in ignoranza (tamas) (Bg 17° capitolo). Tutto è influenzato da queste modalità della natura, per elevare, far ristagnare o deteriorare la condizione umana. Ma Krishna dichiara che in tutti questi cambiamenti solo le modalità sono attive, tutto il resto è in uno stato passivo, simile a quello di uno strumento (Bg 14.19, 14.22-25)
La religione è veramente essenziale?
Allora ci si potrebbe chiedere: “Se la religione essenzialmente non ha valore, se non è altro che uno strumento passivo, allora perché averla? Perché non separare semplicemente la sua essenza, i valori in essa contenuti, e buttare via il resto? Una persona gentile, generosa, aperta e amorevole non è già di per sé una persona religiosa?” In effetti, negli Shastra, il livello della coscienza di Dio è chiamato suddha sattva: nel quale tutte queste qualità si trovano nel loro stato puro. Quando una persona è buona solo per il gusto di essere buona, gentile solo per il gusto di esserlo ecc., questa è purezza per principio, o il principio di bontà in una condizione completamente attivata.
Il problema è: dove si può trovare una persona così perfetta? Abbiamo tutti la tendenza a incarnare meno che pienamente i valori a cui aspiriamo, e molto spesso vediamo come l’idealismo giovanile rimane deluso dalle sconfitte e dalla rassegnazione di non riuscire a superare i propri limiti. In questo caso di solito la risposta dell’individuo è quella di tornare alla mediocrità ed essere felice di seguire la massa… poi con la mezza età, l’idealismo è finito, oppure viene sostituito da un impegno che non ricerca più la perfezione ideale… e così la maggior parte delle persone si sforza di ottenere degli strumenti di neutralità, come la ricchezza…
Come è potuto accadere questo tragico incidente sulla strada maestra verso la perfezione? L’errore è molto sottile… Se per esempio noi ci vediamo come la fonte di valori come l’amore e l’empatia, se siamo amorevoli e premurosi perché ci pensiamo persone amorevoli e premurose, rimarremo sempre delusi dai nostri limiti. Inoltre, quel limite è ancora più limitato, perché i valori vengono usati dall’ego per aumentare la portata del proprio valore, e vengono usati come strumenti, anche se a un livello molto sottile. Invece, se si vede il Signore come l’origine dei nostri valori, e noi stessi come un semplice canale, ci sentiremo umili dall’essere stati benedetti dal Signore, e tutto quello che vogliamo fare è testimoniare la Sua misericordia. Non ci si sente amorevoli e premurosi, ma che l’amore e la cura che ha il Signore sono così travolgenti che possono fluire attraverso qualsiasi canale, per quanto limitato esso possa essere… in questo modo è naturale evitare di usare la religione come uno strumento. Si è invece strumenti attraverso i quale scorre il principio attivo della religione.
Quindi, la Gita raccomanda che i valori siano pervasi di devozione, e senza aspettarsi una ricompensa da Dio o dall’uomo. Ad esempio, cercare di essere tolleranti per il gusto di esserlo, significa che lo si fa solo perché si apprezza quel valore e si vuole modellare la propria vita attorno ad esso. Non vogliamo usarlo come uno strumento per essere apprezzati, ma renderlo essenziale, interiorizzarlo e viverlo. Facendo così, si entra nella grazia di Dio, come Lui stesso dichiara nella Bhagavad-gita dicendo che chi interiorizza quelle qualità gli è molto caro. (Bg 12.13-20) Questa via è naturalmente gioiosa, perché il Signore è nel cuore di ogni persona ed è il testimone di ogni cosa, di tutti i pensieri, delle azioni e delle motivazioni più intime, ed è compiaciuto dallo sforzo che facciamo, e come fa una persona che ha amore, ignorerà qualsiasi nostro difetto. Questo aiuta il devoto a superare la disperazione di constatare i suoi limiti e quindi proveremo una gioia e una fiducia interiore che ci assicura che non falliremo nel cammino spirituale.
Del Signore, per il Signore…
Quindi in termini di strumenti, la religione non deve essere separata dalla sua funzione che è quella di far piacere a Dio. Nella sua forma più bassa, nella modalità dell’ignoranza, la religione viene usata per distruggere le persone, fisicamente attraverso jihad e crociate, o psicologicamente, con sensi di colpa, condanne e giudizi (Bg. 17.19). Nella sua forma stagnante, la modalità della passione, è usata per aumentare il proprio ego: si vuole essere percepiti come una persona grande e santa, e quindi essere ammirati da tutti (Bg. 17.18). Nella sua forma più pura, è usata per aiutare le persone ad evolversi, ed è allora che i valori della religione vengono interiorizzati, vissuti, e non usati come strumenti di manipolazione o dell’ego materiale (Bg. 17.17)
La religione è quindi molto vicina a realizzare il suo scopo, e in una certa misura lo fa, quando è utilizzata in questo modo, ed è molto gradita al Signore. Ma quando viene usata in modo consapevole per servire il Signore, sapendo che il Signore è la fonte di ogni bontà, empatia, gentilezza, visione equanime ecc., quando rimane nella sua forma pura, solo per il puro scopo di compiacere il Signore che dimora in tutti i cuori come testimone, si libera da tutto quello che la ricopre e riacquista la sua vera essenza.
Niscala devi dasi (dal sito web ISKCON Desire Tree)