Sembra che tutti noi proviamo del disgusto per qualcosa, almeno qualche volta. Alcuni di noi sono disgustati dai cavoletti di Bruxelles; per altri è il lievito di birra a provocare una sensazione di nausea.
Disgusto significa: “Nausea; ripugnanza, una ripugnanza causata da qualcosa di ributtante; una forte avversione”.
Il disgusto è un’emozione piuttosto intensa, e per buone ragioni. Il disgusto ci protegge dal mangiare le cose sbagliate, come del cibo stantio, putrido o tossico. Oppure ci protegge da situazioni pericolose. A lungo termine è anche un’emozione positiva che ci aiuta a decidere delle scelte morali che porteranno beneficio a noi e a chi dipende da noi. Quindi non sminuiamo il disgusto. Essere disgustati può essere positivo.
I Veda insegnano che la mente si muove in due direzioni: sankalpa e vikalpa. Sankalpa, significa decidere volontariamente di avere qualcosa, di godere di qualcosa, di essere qualcuno. Significa desiderare qualcosa molto fortemente perché pensiamo ci renderà felici.
Vikalpa invece significa rifiutare qualcosa, allontanarsi da qualcosa, rompere una relazione con qualcuno. Significa capire che qualcosa non ci piace più e che non ci renderà felice.
Sankalpa ci consente di iniziare una serie di situazioni, una serie di azioni, che alla fine ci dovrebbero portare a uno stato di felicità. Vikalpa ci fa agire per impedire che ci succeda qualcosa o per iniziare una serie di azioni che ci allontanino a lungo termine dalla tristezza, dall’infelicità o dalla sofferenza.
Sia sankalpa che vikalpa iniziano con l’immaginare uno stato futuro seguito da un forte ricordo di un evento passato in cui c’erano sentimenti di felicità o dolore. Ricordiamo il sapore di un gelato in una calda giornata estiva dello scorso anno e così oggi ci incamminiamo verso una gelateria; ricordiamo la turbolenza di un nostro precedente volo aereo e ci riempiamo di ansia mentre saliamo su un aereo.
Ogni anima che è rimasta bloccata in un corpo materiale, dal microbo unicellulare fino a un complesso essere umano, sta elaborando continuamente sankalpa e vikalpa. È il continuo movimento della mente che ci spinge a mangiare, a proteggerci, a cercare di evitare i problemi.
Ma c’è sempre la possibilità di rimanere confusi. Ad esempio potremmo dimenticare che bere troppo alcol il sabato sera ci ha fatto stare male la domenica mattina. Il ricordo del piacere supera il ricordo delle sofferenze che abbiamo subito e così beviamo ancora troppo, e continuiamo a soffrire. Questo si chiama maya. Questo succede di continuo finché non realizziamo, attraverso molte esperienze dolorose, che il piacere materiale si traduce sempre in qualche tipo di problema. È allora che possiamo accedere a un livello superiore. Si chiama nirvinna, o disgusto. Non nirvana. È una parola diversa.
Nirvana significa essere liberati e nirvinna significa essere disgustati. Essere disgustati ci fa rifiutare qualcosa in modo permanente. Se qualcosa ci disgusta, anche se prima ci piaceva, adesso la evitiamo.
Naturalmente, un filosofo potrebbe dire che se provi nirvinna, questo ti potrebbe aiutare sulla strada del nirvana. Certo, essere disgustati dalla falsa e temporanea felicità che viene dal piacere materiale ci farà smettere di cercare di goderne e di conseguenza ci staccheremo dal mondo materiale. Questo ci aiuterà a cambiare il modo con cui guardiamo il mondo e cosa vogliamo da esso. Cambierà i parametri dei nostri sankalpa e ci muoveremo verso un tipo di felicità che sarà più permanente.
Ma il solo disgusto del mondo potrebbe non portarci lontano nella vita spirituale. Di per sé il disgusto è solo una sfaccettatura della nostra risposta alle ripetute delusioni nella vita materiale. E il solo essere liberi dai desideri di godimento materiale non ci avvicina a Krishna.
Nell’11° Canto dello Srimad Bhagavatam (11.20 6-8) in una Sua conversazione con Uddhava, che è chiamata Uddhava-gita, Krishna dice quanto segue:
Mio caro Uddhava, poiché desidero che gli esseri umani possano raggiungere la perfezione, ho presentato tre percorsi di avanzamento: la via della conoscenza, la via dell’azione e la via della devozione. Oltre a queste tre vie non c’è assolutamente nessun altro mezzo di elevazione.
Il jnana-yoga è raccomandato per chi è disgustato dalla vita materiale. Chi non è disgustato dalla vita materiale, e ha molti desideri ancora da soddisfare, dovrebbero cercare la perfezione attraverso il percorso del karma-yoga.
Se in un modo o nell’altro per buona fortuna qualcuno sviluppa fede nell’ascoltare e celebrare le mie glorie, tale persona, non essendo né molto disgustata né troppo attaccata alla vita materiale, dovrebbe raggiungere la perfezione con la via dell’amorevole devozione verso di me.
Quindi, qualunque sia la nostra condizione, che siamo totalmente disgustati dalla vita materiale o che abbiamo ancora molti desideri da soddisfare, possiamo scegliere la bhakti e avvicinarci alla gioia della coscienza di Krishna.
Kripamoya das (dal sito web Dandavats.com)